Congusto Gourmet Institute
Il mio viaggio tra le migliori scuole di formazione della ristorazione italiana inizia da Congusto Gourmet Institute, dove incontro, tra una lezione e l’altra di alta cucina, il Direttore Roberto Carcangiu con la sua divisa da chef che mi accoglie in un ambiente elegante e informale al tempo stesso.
Inizio a pensare ai grandi nomi di chef che li insegnano e nella mia mente scorrono le foto delle ricette perfette di instagram, ma vengo subito fermata da Roberto Carcangiu che, con molta schiettezza, mi racconta che quello dello chef è un mestiere con componente artistica fatto di tecniche e tanta pratica e che l’aspetto visual, che va tanto di moda, è solo l’ultimo tocco di un lavoro che parte dall’uso sapiente delle materie prime e dall’applicazione di tecniche.
- Come nasce Congusto Gourmet Institute?
Roberto Carcangiu: “Congusto nasce nel 2003 dalla passione e dalla lunga esperienza nella ristorazione di Federico Lorefice e Daniel Stoico esperto di comunicazione, prima come centro di cultura del buon ricevere e scuola di cucina per amatori e, sette anni dopo, dalla consapevolezza che occorresse una scuola al servizio del mercato, nasce il percorso di studi per Chef professionisti, di cui dal 2015 ho la direzione e il coordinamento didattico ”. - Quali professionisti forma?
“Forma le figure di Cuoco/Chef, Pasticcere da ristorazione e da laboratorio, Pizzaiolo, Panificatore, Pastaio, Manager di Sala”. - Davvero “un corso per ogni visione”; quale futuro per queste professioni?
“Il futuro dei “mestieri gastronomici” è in continua evoluzione sotto tanti aspetti, che vanno dalla nutrizione al food safety, piuttosto che dalla produzione alla cucina funzionale”. - Da dove arrivano i corsisti, sono già operatori esperti?
“I corsisti arrivano da diverse aree: studenti dell’alberghiero a fine percorso che cercano la specializzazione, appassionati, persone che vogliono cambiare il loro lavoro (e la loro vita)”. - C’e una richiesta dall’estero dei corsi e quanto è sentita la cultura della cucina italiana di qualità?
“Mai come adesso il cibo e tutto ciò che lo circonda ha successo nel mondo della comunicazione, questo comporta un’attenzione altissima e spesso crea false aspettative. All’estero la cultura dello studio prima di intraprendere un mestiere è molto più alta che nel nostro paese”. - La possibilità di usufruire dei corsi in tempi diversi rispetta le esigenze di apprendimento e di lavoro dei corsisti?
“Assolutamente si, anche se in definitiva, fermo restando il valore della programmazione didattica, nessuno può fare per te qualcosa che tu non voglia fare per primo”. - Già al di là di un percorso didattico, che ben si concilia con il lavoro dei corsisti, occorre una forte motivazione per raggiungere un ottimo livello di preparazione. Chi sono i formatori/docenti di Congusto Gourmet Institute a parte il Direttore che oltre ad essere Presidente dell’APCI (Associazione Professionale Cuochi Italiani) e consulente di importanti marchi del comparto alimentare?
“Sono diversi per disciplina, esperienza e notorietà a partire dal direttore didattico”. - Rispetto la volontà di non voler fare disparità del direttore citandone qualcuno piuttosto che altri e mi permetto di citarne qualcuno: Ernst Knam, Alberto Citterio, Mirko Ronzoni, Sergio Mei, Elio Sironi e altri, la lista di chef noti è lunga. “Segui un grande chef, diventerà il tuo maestro” è un vostro motto. Quanto è importante il contesto formativo e la passione per il mestiere trasmessa dai formatori/Chef?
“E fondamentale, poiché è il docente a dover trovare la ricetta affinché il suo ingrediente (discente) possa sviluppare al meglio le sue caratteristiche; l’ambiente è il risultato di tutto questo. Si aggiunge che ad ogni corso ci sono 10/12 aspiranti chef al massimo e che non esiste la lezione frontale, ma il maestro chef lavora a fianco degli alunni”. - Come sarà il ristorante del futuro? Quali competenze e capacità di gestione saranno richiesteagli chef?
“Lo Chef, oltre ad avere preparazione tecnica, deve avere caratteristiche personali distintive: propensione al lavoro di squadra, capacità di mediazione, di progettazione e flessibilità operativa. La propensione all’approfondimento con un approccio multidisciplinare, che va dalla merceologia alla tecnologia alimentare fino al nutrizionismo; non meno importante è lo studio della cultura gastronomica del territorio dove opera, perché in definitiva si può pensare allo chef come ad un artigiano dell’ospitalità, che accoglie e “legge” l’ospite per realizzare e molte volte interpretare attraverso le sue competenze il desiderio espresso. Lo chef del futuro, e anche quello attuale, oltre agli aspetti meramente operativi, possiede la capacità di cavalcare il tempo e lo spazio in cui si trova senza subirlo”. - Vale ancora la pena investire nella formazione di qualità e nell’acquisizione di ottime tecniche di base?
“Certamente, poiché tutto ciò che sappiamo adesso in realtà è già vecchio. Il mercato si muove molto velocemente, sia per ciò che riguarda le mode legate alla composizione dei piatti, che per le tecniche, la tecnologia o le esigenze nutrizionali. A tal proposito risalta il concetto delle “mani intelligenti” del cuoco e della sua funzione sociale, basti pensare ai nostri figli che imparano a mangiare in asili e scuole, a differenza nostra che lo facevamo in un tessuto familiare e sociale completamente diverso. La professione impone una formazione continua, non solo quindi un uso sapiente delle materie prime, ma anche consapevolezza di ciò che si va a proporre”.
Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato e non perderti le novità!